DISEGNARE E STUDIARE L'ANTICO

L'Antico nella visione degli artisti del Rinascimento sarà il tema della doppia conferenza che si terrà a Palazzo Ducale di Mantova presso l’Atrio degli Arcieri nei giorni di venerdì 13 e 20 ottobre alle ore 17. Oratore d’eccezione dei due incontri sarà il professor Paolo Carpeggiani, membro del Comitato Scientifico della reggia gonzaghesca e professore emerito presso il Politecnico di Milano. Carpeggiani ha scritto molte opere significative dedicate a Palazzo Ducale e agli architetti che hanno lavorato alla corte dei Gonzaga, con particolare riferimento ai protagonisti del Cinquecento mantovano

La conferenza è gratuita e aperta al pubblico, fino a esaurimento posti. È gradita la prenotazione telefonando al 0376 352100 (numero attivo dal martedì alla domenica ore 9-13) oppure direttamente ai seguenti link:

Voglio iscrivermi alla conferenza di venerdì 13 ottobre ore 17

Voglio iscrivermi alla conferenza di venerdì 20 ottobre ore 17

Nota: in apertura del secondo appuntamento previsto per il 20 ottobre, ci sarà anche un momento dedicato all’annuncio dell’uscita in libreria degli atti della giornata commemorativa di Renato Berzaghi, altro studioso che ha dedicato molte delle sue energie allo studio di Palazzo Ducale di Mantova e che scomparve il 19 febbraio del 2021. Il volume è edito da “Il Rio” e si intitola “In ricordo di Renato Berzaghi. Scritti su Mantova tra XIV e XX secolo”.

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Nel 1402-1404 Filippo Brunelleschi e il più giovane amico Donatello sono a Roma; visitano le antiche rovine, come attesta un biografo, le misurano, le studiano, cercano di comprenderne forme e principi costruttivi. Sono protagonisti di una vicenda che si ripeterà per tutto il Rinascimento: l'Antico rappresenta la storia, le radici; e fornisce i fondamenti di un nuovo linguaggio per la rinascita delle arti. Di ciò è ben consapevole Leon Battista Alberti, intellettuale e teorico prima ancora che architetto (a Rimini, Firenze e Mantova).

Il Tempo, aveva asserito il grande poeta Ovidio, divora le cose. E l'Antico - sopratutto nelle testimonianze romane, non solo nell'Urbe ma anche in città come Verona - si presentava agli occhi degli artisti nel suo aspetto di rovina; così lo mostrarono i pittori (per citare qualche esempio), da Mantegna a Signorelli, da Botticelli a Pinturicchio, da Beccafumi a Hermann Postumus. E anche artisti calati in Italia d'Oltralpe, come il grande architetto francese Jacques Androuet du Cerceau, o il pittore e disegnatore fiammingo Marten van Heemskerck.
La rappresentazione dell'Antico, col trascorrere del tempo, si trasformò in un vero e proprio affare. Fu la fortuna delle stampe; il mercato forniva ai collezionisti colossei e pantheon, circhi e archi di trionfo in gran quantità. Le botteghe italiane, e gli incisori di terra nostra fecero la loro parte, ma la grande fucina e gli operatori più intraprendenti erano di area fiamminga, con una vera capitale, Anversa, che esercitò quasi un monopolio. Per i visitatori interessati, anticipatori del "Grand Tour", si pubblicarono le prime guide sulle antichità di Roma.

Per conoscere l'Antico, una sorta di imperativo categorico, gli artisti dovevano spostarsi dal proprio luogo di origine. Roma era meta ovvia e privilegiata; ma le vetuste rovine erano sopravvissute anche altrove. Si ricordano alcuni di questi artisti viaggiatori, soprattutto architetti, ma non solo. Per esempio il tedesco Hermann Vischer che ci ha lasciato, oltre rilievi di monumenti dell'Urbe, preziosa testimonianza sul nostro Sant'Andrea. Oppure il mantovano Giovan Battista Bertani (l'ideatore di Santa Barbara), accanito studioso dell'ordine ionico, che fu il tema di un suo trattato e insieme rappresentò cifra palese e sorprendente della sua casa-manifesto mantovana vicina a Porto Catena.

Il grande Andrea Palladio si recò a Roma cinque volte, ma visitò e disegnò anche i resti antichi di Assisi, Pola e Nimes; e arrivò sino alla Loira, a Chambord, attratto dallo straordinario scalone di quella residenza principesca. Vincenzo Scamozzi, l'antagonista di Palladio, scrisse sui monumenti antichi di Roma; ma si recò anche Oltralpe, e vergò un inatteso taccuino con disegni e commenti sulle cattedrali gotiche. Infine l'inglese Inigo Jones, il grande architetto che con le sue opere darà vita al capitolo lungo del palladianesimo, in patria e altrove; nel 1613/14 viaggiò e indagò in Italia, a Roma e poi nel Veneto, avendo come "guida" un copia (conservata) del trattato di Andrea Palladio, arricchita di fitti commenti a margine; a Vicenza, complice anche lo Scamozzi, restituì al "capriccioso Giulio Romano" un ruolo primario nell'ideazione di Palazzo Thiene, che Palladio - senza mentire, si badi - aveva annoverato tra i suoi progetti.

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